giovedì 24 maggio 2007

How Could You?


"Quando ero una cucciola, ti ho divertito con le mie buffonate e ti ho fatto ridere. Mi chiamavi la tua bambina e nonostante un certo numero di scarpe rosicchiate ed un paio di guanciali squartati e sparpagliati ovunque, sono diventata la tua migliore amica. Ogni qualvolta facevo la "discola" mi agitavi il dito davanti al naso e mi chiedevi "Come hai potuto?", ma poi cedevi e mi rotolavi sulla pancia per una grattatina. La mia educazione casalinga fu un po' piu' lunga di quel che pensavi, perché eri molto indaffarato, ma ci abbiamo lavorato insieme. Ricordo le notti in cui mi ranicchiavo vicino a te nel letto ed ascoltavo le tue confidenze ed i tuoi sogni segreti e credevo che la vita non sarebbe potuta essere più perfetta. Andavamo a fare lunghe camminate e corse nel parco, giri in macchina, fermate per il gelato
(per me solo il cono perchè "il gelato fa male ai cani", dicevi), ed io mi facevo lunghi pisolini al sole, aspettando che tornassi a casa alla fine della giornata. Impercettibilmente, hai iniziato a trascorrere più tempo al lavoro, a pensare alla tua carriera ed a dedicare più tempo alla ricerca di una compagna umana. Ti ho
aspettato con pazienza, consolandoti comunque nei dolori e nelle delusioni, non ti ho mai rimproverato per le decisioni sbagliate e ho salutato con gioia ogni tuo ritorno a casa, anche quando ti sei innamorato. Lei, che ora è tua moglie, non "persona da cani", ma le ho dato comunque il benvenuto nella nostra famiglia, provando a dimostrarle affetto e obbedendole... Ero felice, perchè tu eri felice.
Quando sono arrivati i bambini, ho condiviso la vostra agitazione. Sono stata affascinata dal loro aspetto roseo, dal loro odore e avrei voluto far loro da madre. Solo voi due potevate temere che potessi far loro del male, ma ho passato la maggior parte del tempo in un'altra stanza, o in gabbia. Oh, come avrei voluto amarli, ma
sono divenuta una "prigioniera dell'amore". Quando hanno iniziato a crescere, sono diventata la loro amica. Si aggrappavano al mio pelo e si trascinavano sulle loro tremolanti gambette, mi cacciavano le dita negli occhi, esploravano le mie orecchie e mi baciavano sul naso. Di loro, adoravo tutto e le loro carezze - perchè le tue carezze erano ormai diventate così rare - ed io li avrei difesi fino alla morte, se fosse stato necessario. Avrei voluto sgusciare dentro i loro letti ed ascoltare le loro ansie ed i loro sogni segreti, ed insieme avremmo aspettato di sentire arrivare
il rumore della tua auto. C'era un tempo in cui, quando qualcuno ti chiedeva se
avessi un cane,tu tiravi fuori la mia foto dal portafoglio e iniziavi a raccontare di
me. In questi ultimi anni, hai risposto solo "si" e hai cambiato discorso. Sono passata dall'essere il "tuo cane" a "solo un cane", e tu a lamentarti per ogni spesa affrontata per me. Ora, hai l'opportunità di fare una nuova carriera in un'altra città, e tu e loro vi trasferirete in un appartamento dove gli animali non sono
ammessi. Tu hai preso la giusta decisione per la tua" famiglia", ma c'era un tempo in cui ero io la tua sola famiglia. Ero eccitata all'idea del viaggio in auto, fino a quando siamo arrivati al rifugio per animali. Odorava di cani e di gatti, di paura,
di disperazione. Hai compilato le carte e hai detto "So che troverete una buona casa per lei". Loro hanno fatto spallucce e ti hanno guardato con sguardo afflitto. Conoscono la realtà che riguarda un cane di mezza età, sia pure con le "carte". Hai dovuto staccare le dita di tuo figlio dal mio collare mentre lui gridava "No, babbo! Per favore, non lasciare che prendano il mio cane!" Ed ero preoccupata per lui e di che lezione le stavi giusto impartendo su amicizia e lealtà, su amore e responsabilità, e sul rispetto per ogni vita. Mi hai dato una pacca di addio
sulla testa, evitando i miei occhi, e ti sei cortesemente rifiutato di portare con te il mio collare ed il mio guinzaglio. Avevi una scadenza da rispettare, ed ora anch'io ne ho una che mi attende. Dopo la tua partenza, le due gentili signore dissero che certamente tu lo sapevi da mesi di questo trasloco e ciò nonostante non hai fatto alcun tentativo di trovarmi una buona casa. Scossero la testa e mi
chiesero "Come hai potuto?". Qui al canile, con noi sono premurosi,tanto quanto lo permettono i loro impegni. Naturalmente, ci danno da mangiare, ma io già da giorni ho perso l'appetito. All'inizio, ogniqualvolta qualcuno passava davanti al mio recinto, correvo al cancello, sperando che fossi tu, - che avessi cambiato idea -
che questo fosse tutto un brutto sogno...o almeno speravo che fosse qualcuno che si interessasse a me, qualcuno che avrebbe potuto salvarmi. Quando capii che non avrei potuto competere con lo zampettare di un cucciolo allegro, inconscio del suo destino, mi ritirai nell'angolo più lontano ed aspettai. Sentii i suoi passi che venivano per me alla fine della giornata, e la seguii silenziosamente lungo il
corridoio, fino ad una stanza isolata. Una stanza magnificamente tranquilla. Lei
mi piazzò sul tavolo e mi strofinò le orecchie e mi disse di non preoccuparmi. Il mio cuore martellava nell' attesa di ciò che stava per succedere, ma c'era anche un senso di sollievo. La prigioniera dell'amore ha esaurito i suoi giorni. Come è mia natura, era più preoccupata per lei. Il fardello che sopporta la opprime profondamente, e lo so, così come conoscevo ogni tuo umore. Gentilmente mi ha messo un laccio emostatico su una delle mie zampe anteriori, mentre una lacrima le scendeva lungo una guancia. Le leccai la mano così come facevo con te per consolarti tanti anni fa. Senza farmi male mi infilò l'ago ipodermico in vena. Come sentii la
puntura ed il freddo liquido scorrere nel mio corpo, mi lascia andare sonnolenta, la guardai nei suoi occhi buoni e mormorai "Come hai potuto". Forse perchè non capì bene il mio linguaggio canino, mi rispose "Sono così dispiaciuta". Mi abbracciò ed in fretta mi spiegò che era il suo lavoro essere sicura che io andassi in un posto migliore, dove non sarei stata ignorata, o maltrattata o abbandonata, o dove non
avrei dovuto arrangiarmi da sola - un posto di amore e di luce, così diverso da questo luogo terreno. E con le mie ultime energie, cercai di spiegarle con un colpo di coda che il mio "Come hai potuto?" non era rivolto a lei. Era per te, Mio Amato Padrone, era a te che stavo pensando...Penserò sempre a te e ti aspetterò per sempre. Che tutti, nella tua vita, possano continuare a mostrarti così tanta lealtà.
Fine
By Jim Willis 2001 traduzione di Patrizia
Fiorenzato
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Una nota dell'autore
Se "How Could You?" ti ha fatto piangere mentre lo leggevi, così come ho pianto io mentre lo scrivevo, è perchè è la storia composita di milioni di "animali da compagnia", che in passato avevano un padrone e che ogni anno muoiono nei rifugi per animali in America e Canada (come anche in Italia!n.d.t.).Chiunque voglia distribuire questo saggio per scopi non commerciali è ben accetto, purchè sia correttamente riportata la nota sul copyright. Per favore, utilizzate questo saggio per aiutare l'educazione, nel vostro sito, nelle newsletter, nei rifugi per animali,
negli ambulatori veterinari e nei bollettini. Dite alla gente che la decisione di aggiungere un animale alla famiglia, è una decisione importante per la vita, quegli animali meritano il nostro amore e cure sensibili, che trovare una nuova casa
idonea per il vostro animale è una vostra responsabilità e qualunque associazione umanitaria locale o lega per la difesa animale può offrirvi buoni consigli, e che ogni vita è preziosa. Per favore, fate la vostra parte per fermare le uccisioni e favorite tutte le campagne per la sterilizzazione per prevenire animali indesiderati.
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Ho riportato qui una la storia che ho letto su it.discussioni.animali.cani e come é scritto poco sopra mi ha fatto piangere :).
Non abbandonate MAI gli animali. Prima di prenderne uno siate coscienti dell'impegno preso. Il batuffolo che accoglierete, diventerà grande, distruggerà oggetti, avrà bisogno di visite veterinarie, potrà sembrare costoso ed a volte sembrerà che sia un limite alla vostra vita, ma l'amore incondizionato che saprà darvi non avrà prezzo. L'unica cosa è pensateci bene.

venerdì 4 maggio 2007

Il maestro di scherma



Questo libro ha avuto la sfortuna di essere letto dopo "Nel buio che precede l'alba" e probabilmente all'inizio ero un pò lenta nel leggerlo perchè avevo ancora in mente i personaggi dell'altro. Avevo letto già dell'autore il Club di Dumas, che mi era piaciuto ma non entusiasmato. Protagonista del libro è il maestro Jaime Astarloa, maestro di scherma e uomo d'onore di una vecchia 'cavalleria' ormai inesistente. Egli vive isolato dalla politica e dalla cultura contemporanea (Spagna 1868). Il suo unico sogno è trovare la stoccata perfetta, ma sembra impossibile da trovare come il santo Graal. La vita del maestro viene agitata dalla comparsa di una donna giovane e bella, ma alquanto misteriosa, tale Adela de Otero, che chiede di imparare una stoccata invincibile creata dallo stesso maestro. Astarloa decide di accogliere Adela come sia allieva nonostante alcune perplessità e questo da inizio ad un susseguirsi di intrighi in cui il maestro rimarrà invischiato. Lo scrittore trae spunto anche in questo libro dai tre moschettieri, il personaggio di Adela è fin troppo simile a Milady. Peccato che non ho conoscienza delle tecniche di scherma... leggendo questo libro mi sarebbero state sicuramente di aiuto, visto che vi sono numerose e specifiche descrizioni dei combattimenti.

Nel buio che precede l'alba


"Nel buio che precede l'alba" è un libro che parla di amicizia, di guerra, di amore e delinea uno spaccato della vita degli indiani pellerossa dalla fine dell' '800 con l'arrivo dei primi coloni bianchi in Canada alla fine della prima guerra mondiale. Il libro inizia con la fine della guerra, dove un'indiana Cree aspetta il treno che riporterà il miglior amico del nipote a casa. In realtà all'arrivo del treno scopre che non è Elija ad essere tornato ma proprio suo nipote Xavier, decisamente provato e menomato dalla guerra. Qui iniziano dei flash back sia di Xavier che rivive il periodo in guerra con il suo migliore amico, dall'addestramento fino alla sua conclusione, sia della zia Niska che racconta al nipote alcuni episodi della sua vita. Xavier non parla con la zia, non racconta niente della vita in trincee, di come ha perso la gamba e della sua dipendenza alla morfina. La zia cerca di capire il nipote e di aiutarlo a desiderare di vivere raccontandogli la sua vita, di come è diventata cacciatrice di wendigo, di come si è rifiutata di vivere nelle riserve e dei suoi sogni premotitori. Il libro è molto bello, talvolta malinconico. Dopo aver finito di leggere il libro, i suoi personaggi mi sono rimasti nel cuore e non ho avuto il coraggio per un paio di giorni di leggere un altro libro. Mi ha lasciato una bella sensazione che solo alcuni libri giapponesi mi sanno dare. Un saluto a Xavier, Elija e Niska.
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